Le parole che non oso dire: concluso il progetto all’ Istituto Piria di Rosarno
Comunicare efficacemente le proprie emozioni, comprendere il senso e il “peso” delle parole che il più delle volte usiamo nella nostra routine discorsiva, sbrogliare le intricate trame di pregiudizi basati sugli stereotipi, di ogni tipo, che ingabbiano quello che siamo o vorremmo essere…questi alcuni dei temi affrontati dai ragazzi dell’Istituto Piria di Rosarno, attraverso il progetto “Le parole che non (o) so dire: la Comunicazione Emotiva come “antidoto” al bullismo, disagi alimentari e intolleranza di natura omofobica nelle scuole”, ideato e condotto da Salvatore Belfiore e fortemente voluto dal dirigente scolastico,prof.ssa Mariarosaria Russo. Il progetto ha visto coinvolte ben cinque scuole calabresi (una per ogni provincia), unite nel medesimo impegno di contrastare il fenomeno dilagante del bullismo. Gli allievi sono stati sollecitati a comunicare ed esprimere le loro emozioni, con metodologie mai sperimentate prima nelle scuole calabresi. Per “comunicazione emotiva” si intendono l’ascolto focalizzato e l’espressione dei propri spazi interiori, delle proprie gioie e dolori, dei propri universi che possono assumere infinite categorizzazioni e colori. Il percorso intenso e focalizzato e che ha visto coinvolti gli allievi di una classe del primo anno del Liceo con il coordinamento della prof.ssa Vera Violi, ha facilitato l’emersione di dati (poi riscontrati anche nelle altre realtà calabresi coinvolte) che hanno registrato un ritorno di discriminazione razziale, omofobia, body shaming (l’essere presi di mira per caratteristiche fisiche) e ogni sorta di stereotipo di genere, come le radici fondanti del bullismo. L’analisi ed il lavoro condiviso con i ragazzi sui linguaggi mutuati dal mondo della comunicazione e dei social, il più delle volte fagocitati e assunti come unica fonte di autorevolezza, ha inoltre fatto emergere quanto il nostro stesso “mondo delle credenze” e delle strutture di pensiero condivise, siano infarcite su molti strati e livelli, di una vera e propria “retorica del bullismo”. Si parla spesso di “Haters”,ha dichiarato la Preside Russo, e si pensa che siano una categoria umana lontanissima dal mondo dei nostri figli che pensiamo essere al sicuro, ma non consideriamo quanto questo tipo di sub modello comunicativo, sia ormai, omnipervasivo e tentacolare e quanta fascinazione, alle volte inconsapevole, susciti nelle menti e nelle parole dei nostri ragazzi. Quando si parla di un rigurgito di disumanità e alienazione spirituale , dovremmo forse prima, prestare ascolto a tutto quello che pensiamo prima e diciamo poi, specialmente quando interagiamo con i nostri adolescenti, che il più delle volte si limitano a “prendere per buoni” acriticamente, tutti gli assunti (il più delle volte infarciti di odio e rancore aprioristico…) su questa o quella categoria umana. Il linguaggio dell’odio, l’hate speech, è diventato un fenomeno che si espande ogni giorno di più autoconfermandosi attraverso i mezzi di comunicazione. L’osservatorio Vox insieme all’Università di Milano, Bari e La Sapienza di Roma ha analizzato,con il contributo delle scuole aderenti al progetto, 2,6 milioni di tweet postati nell’arco di 12 mesi e sei sono state le categorie contro cui si dirigono le shitstorm (le tempeste di insulti) : al primo posto si trovano le donne, vittime del 63% dei tweet negativi analizzati, seguite dagli omosessuali, 10,8%, dai migranti, 10%, e poi da diversamente abili (6,4%) ed ebrei (2,2%).I risultati sono stati consegnati dal Prof. Belfiore nel corso della conferenza stampa tenutasi presso il Piria di Rosarno. Per riconoscere e comunicare le proprie emozioni ed essere quindi accompagnati a rivalutare e utilizzare una comunicazione di tipo “empatico”, gli allievi sono stati guidati alla scoperta del metodo “Soul Voice” di Karine Schelde, conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo. La Calabria e gli istituti che hanno aderito alla sperimentazione proposta dall’Associazione Culturale GALA, rappresentano un unicum nazionale di offerta formativa privilegiata e innovativa, che ci auguriamo possa diventare un modello per un futuro contraddistinto da strutture scolastiche sempre più attente a non trascurare la dimensione emotiva/animica degli allievi e che possa dotarli quindi di strumenti interpretativi e comunicativi adeguati e dedicati.