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Briatico

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Briatico: in punta allo stivale

I confini

Affondando tra le coste, dei mari del mito, in punta allo stivale della penisola italiana, troviamo il frastaglio madreperlaceo dei tratti della Magna Grecia. A sud, dove gli spinterogeni dei venti portano il sapore di brezza imperiale, giace, tra i covi della montagne e le correnti dei mari e i templari resti delle colonie greche, la Calabria. Passando per i campi dove l’essenza dei cedri fu goduria allo stato puro per Circe che ogni sera sulla riviera aspettava i maschi che la inebriassero di tale profumi e sapori che erano del tutto eccentrici e incontrollabili; navigando per mari e passando per monti, tra le maestà imponenti della Sila e i fusti irti del pino loricano, fino a raggiungere l’ebbrezza dei profumi del gelsomino, degli agrumeti di aranci, delle zagare, fino ai lussureggianti bergamotti del litorale reggino, orientando la nostra rotta, tra le frenesie fresche degli dei, ci posiamo ai piedi della lussureggiante baia che cala austera sull’ avvincente costa degli Dei. Al centro posto come un gran signore tra le altezze maestose, di Pizzo Calabro e Tropea, si trova il borgo di Briatico.

Storia

Anticamente Euritikon. Subito dopo la sua distruzione, dovuta alle tremende invasioni barbariche,  i superstiti, fondarono un nuovo sito che vollero intronare sopra la rocca forte di un piccolo monte. Di Briatico, nei tempi, non vengono riportati molti tratti, bensi’ cenni sparsi, dei quali storici e ricercatori, si servirono per ricostruirne la sua storia. La vecchia citta’ nasceva,  sulla riva destra del fiume Murria, sopra un piccolo monte di “pietra dolce” bensi’ fortificato, costeggiato dall’altro lato dal fiume Spataro, assumendo quasi le sembianze di un piccolo isolotto.

Fu governato nell’arco dei tempi, da diverse dinastie, Normanni, Svevi, Angioini. Nel 1496, la citta’ era sotto la guida del re Ferrante D’Aragona, il quale dovette cedere poi il regno a Francesco Bisbal che governo’ la citta’ per circa novantaquattro anni. Successivamente il regno di Briatico, fu acquisito da Geronima Colonna, la quale lo cedette poi, al figlio Ettore Pignatelli, gia’ duca di Monteleone la cui famiglia lo governo’ fino al 1806. Il primo documento che parlo’ di Euriatikon, fu il “Sigillum Aureum”, nel quale al vescovo della citta’ di Mileto era stato data la facolta’ di venire nel sito di Briatico, quando lui volesse, per raccogliere il “Gutumu”, che era una pianta resistente  che veniva utilizzata per costruire corde per le imbarcazioni e della quale la terra ne era molto feconda. Briatico, fu un regno consacrato da molti altari, vi erano infatti diversi conventi,chiese e monasteri dentro le sue mura.Il piccolo fiume Murria, che costeggiava il monte era una fonte di ricchezza per la popolazione, in quanto veniva sfruttato per gli spostamenti che portavano al mare. Qui, nella zona della marina, come riportava il napoletano notaio Pietro Gallerano, nell’Apprezzo, vi era una torre costruita dai saraceni detta “Rocchetta”, come fortezza di avvistamento per difendersi dagli assalti delle navi nemiche, e della quale oggi ne rimangono i resti, dormenti al sole ogni giorno tra il fruscio del vento e l’infrangersi della voce casta dei marinai che la contemplano con il loro lavoro. Briatico, era inoltre formato da diversi  casali che si disponevano lungo tutto il suo territorio. Nella parte alta del sito, c’era un grande castello Normanno-Svevo, di cui oggi restano solo accennati ruderi, assaltati da roghi di dolenti spine, formato da tre ardite torri, una delle quali era detta la torre dei diamanti,per le pietre di bugnate e spigolose che la rivestivano.

A seguito dei movimenti telurici sempre piu’ consistenti, la gente temeva ogni piccolo frastuono che potesse accennare la terra. Briatico, affonda le sue origini, in un passato dove la sua storia la vide cernita da terribili terremoti, e dal loro ripetersi nell’arco del tempo, fino al cataclisma che ne determino’ la sua fine. Accadde che nel venir del mezzogiorno, il 5 febbraio del 1783, Briatico, fu sorpresa mentre era assorta nel suo vivere quotidiano, da un cataclisma che ne segno’ la sua esistenza. Il terremoto in tutta la sua forza, colpi gran parte della Calabria, seminando distruzioni complete e morte. A Briatico, crollarono case, altari, morirono gente e la paura dilago’ tra le macerie come olio lampante. Fu uno scossone che smosse la terra, come se il diavolo si fosse impigliato e si dilaniasse dalla foga per uscire dalla sua rete. Perdute furono le case, le fatiche e i sogni di ogni uomo che abitava quel nobile povero monte. La gente non riconobbe piu’ la propria  terra, e di fronte al flagello si vide impazzire. La ragione comincio’ a vacillare . E venne giorno, e venne sera, e ancora la terra sotto i piedi tremava.

Ogni scossa se pur lieve , tagliuzzava le vene , proibiva a deglutire e staccava i respiri. Ma non fu tutto perduto. Quando l’abisso sembrava scaraventare ogni speranza facendola dirupare giu’ dai calanchi, chi rimase vivo allo “squoncasso”, e girovagava tra le macerie e le polveri che formavano grumi davanti agli occhi inondati da amarezza e paura. Cosi’ avvenne che vagabondando attoniti tra la strada impervia e i cumuli di orrore , tra i sopravvissuti, alcuni tra gli altri arrivarono alla chiesa di Santa Maria del Franco. Facendosi largo tra le macerie , e marciando passi verso l’altare, fu vista una meraviglia di luce. La Vergine Immacolata (detta del Ginocchio , per la postura della statua), tutta sana, senza graffi e percosse, era lì, quasi aspettasse loro per essere portata in salvo dagli acini amari di quel colossale crollo.

Il ritrovo, della Vergine, fu per la gente, la riconquista di quella speranza perduta e di quella fede che quasi aveva sradicato la loro esistenza dalla Croce del Cielo. Da qui, dunque  la forza che condusse i terremotati, avi e padri, del presente che vive, a stendere un velo di silenzio, sul monte ormai lacerato e disponendosi in file, come formiche, a procedere  in processione con la Vergine Maria Immacolata verso un luogo che potesse  accogliere le loro anime sfollate passando per  i viotti serrati e annichiliti. Lasciando il vecchio sito, i terremotati, giunsero in un nuovo sito detto Cocca, vicino al mare, dove il duca Ettore Maria Pignatelli, allora feudatario di Briatico, toccato da questa distruzione, sacrifico’ le sue terre, donandole ai poveri sfollati. Nella nuova Briatico, fu proprio la Vergine Immacolata che ancora oggi padroneggia sul sagrato della chiesa madre, a essere nominata patrona del paese, la cui festa ancora oggi si festeggia la prima domenica di Giugno. Ecco che allora vengono covate le prime membra della Nuova Briatico  con la costruzione dove prima erano interi campi di vigne, dei primi baracconi. Da allora il monte svampito dal crollo abissale e  trono, di chi precedette il tempo a venire, con i suoi resti fu nominato “Briatico Vecchio”. Oggi dopo un forte trascorrere dei tempi della citta’ degli  avi, di Briatico Vecchio,  non rimangono che meditabondi resti di una storia passata, ma  ancora viva nelle tracce di una  memoria che mai potra’ essere sepolta. I resti di una vecchia vita che oggi potrebbero essere per gli appassionati meta di un’avvincete escursione, ammirando i resti del vecchio castello, di vecchi monasteri .

Da visitare:

Di grande interesse e la Biblioteca Centro Studi Scalabriniani in Piazza Marconi, gestita dai Padri Scalabrini, è aperta al pubblico tutti i giorni esclusi i festivi. La biblioteca dispone di circa 15.000 opere riguardanti le problematiche della storia meridionale e dell’emigrazione. Nella frazione di San Costantino di Briatico, in piazza R. L. Satriani, si trova la raccolta privata Lombardi Satriani; si tratta di una biblioteca di pubblicazioni riguardanti gli aspetti folclorici della popolazione calabrese è possibile visitarla su richiesta.

Da vedere ancora i resti della torre saracena che e’ intronata nella splendida zona della marina dove ancora vive la tradizione della pesca, la peschiera sita nella zona di Sant’Irene, e affascinante e di interesse storico e’ il Mulino della Rocchetta, situato difronte alla torre dichiarato per la storia che contiene dentro le sue mura, Monumento nazionale nel 1980. Di travolgente bellezza il mare che racchiude il tepore dato da un clima lento e fortemente mitigato.

 

Gli eventi

Da non perdere il tradizionalissimo ballo dei giganti durante le feste popolari, dove vengono portati a suon di tamburi per le vie del paese, i giganti Mata e Grifone di Mastru Miciu u gigantaru, dai figli, i fratelli Fama’.

Feste: San Nicola di Bari il 6 dicembre e Madonna del Carmine il 16 luglio.

Fiere: San Francesco di Paola il 2 aprile; dell’Immacolata il primo venerdì di giugno e il terzo venerdì di settembre.