Tra Oriente e Occidente, là dove il ciclo bretone, che narra le gesta di Artù e dei suoi cavalieri, si fonde con la cultura cristiana, brandita in punta di spada dai crociati, nasce la storia del sacro Graal, la coppa che si dice usata da Gesù nell’ultima cena e nella quale Giuseppe d’Arimatea avrebbe poi raccolto le gocce di sangue riversatesi dal costato del Cristo in croce.
E proprio a Roseto Capo Spulico, angolo remoto all’estremo nord del litorale ionico cosentino, nella fortezza di origine normanna, che Federico II fece ricostruire, sarebbe stato custodito il Graal.
Nel maniero, la cui architettura, secondo alcuni, avrebbe tratto ispirazione da quella del tempio di Gerusalemme, sarebbe stata ospitata anche la Sacra Sindone. Ma il racconto si perde nella notte dei tempi e nell’incerta lettura di pochi indizi sospesi tra storia e leggenda; sono evocati i Templari e i Rosacroce, come sovente accade dinanzi al mistero della spiritualità cristiana. Ed è tutto un fiorire di luoghi, i più disparati, ad accogliere le reliquie provenienti dal Golgota: tra questi anche l’affascinante castello di Roseto, che, svettante con le sue alte torri tra cielo e mare, celebra ancora gli inesplorati arcani dello “Stupor Mundi”.