José Carlos Laitano, l’italiano che c’è in me
Sono della terza generazione.
Sono cresciuto appassionato per gli spaghetti, la canzone italiana, il vino, e un’interesse incompreso per la Serra Gaucha, dove si sono stabilite le colonie degli immigrati italiani, regione che visitavo di tanto in tanto.
La mia infanzia, senza saperlo, trascorse tra calebresi: mio padre morí quando avevo quattro anni e mia madre, forse per proteggermi della sua assenza, quasi, non mi parló di lui. Malgrado conservasse le abitudini come la braciola, gli spaghetti con carne arrosto la domenica e il “sangari” (miscela di acqua, vino e zucchero per i bambini), non avevamo contatti con i connazzionali.
Intorno all´etá di quaranta anni, presi coscienza, cosí d’inpulso, che mio nonno era un emigrante calabrese e che anche io sarei potuto essere nato in Italia. I dati culturali come musica, gastronomia e sonoritá della lingua italiana mi appartenevano.
Italiano nato in Brasile – questo paese senza vocazione per la storia e la conservazione del passato (forse perché è un passato portoghese), sono andato alla ricerca delle mie radici, mi sono interessato a imparare un minimo di parole, regole grammaticali, geografia e la storia italiana.
Ottenni il riconoscimento della cittadinanza e passaporto.
Viaggiai.
Il primo posto dove mi sono sentito italiano é stato a Firenze, nel quartiere dell’albergo. Ho guardato la casa di fronte la strada, il colore e i fregi sulle pareti, ho appoggiato la mano sul muro, e nel toccare quella antica parete, sono stato trasportato nel passato di mio nonno, il mio gene, le mie radici.
Sono di qui, mi hanno detto i miei pensieri.
Il giorno dopo ho sentito un’altra grande sensazione nell’entrare al museo dell’Accademia e trovarmi di fronte la scultura del David di Michelangelo a portata di mano!
Il terzo stupore é stato nell’attraversare a piedi i vicoli medievali di Assisi, i miei sogni e le mie fantasie realizzate.
Il quarto stupore avvenne a Roma, in un susseguirsi di sorprese: Colosseo, Fori Imperiali, la Basilica di San Pietro. Più tardi, Venezia!
Il mio ultimo stupore si verificó in un altro viaggio, entrando in Morano Calabro, percorrendo la Vigna della Signoria. La via dove ha vissuto mio nonno prima di emigrare. Percorsi le strade della città, le chiese, il castello, come se non avesse mai lasciato quel posto. Dove sono rimasto due settimane.
Per due volte mi sono commosso con un pianto che nacque dal profondo della mia anima: nel ricevere la notizia della morte di mia Madre e dire addio a Morano Calabro. Pianto silenzioso, lacrime copiose.
Ritornai in Brasile diviso, lacerato per sentirmi brasiliano e volendo essere italiano.
Il terzo viaggio è stato in giacca e cravatta, l’italiano nella sua propria terra. Quarantacinque giorni da solo, convivendo con le persone, librerie, mercati, cose comuni, andando in bici, leggendo i quotidiani, ritornando piú volte negli stessi luoghi. Come fossi in casa. In una città del nord, la piccola Fontaniva, sono stato accolto da una famiglia a cui avevo fatto la pratica di adozione di due bambini, e li ci rimasi trasportando rifiuti fuori casa, passeggiando, cucinando, visitando persone, persino partecipando ad una piccola festa comunitaria.
In questi tre viaggi sono andato fino al punto più oscuro del mio essere, ho viaggiato nel tempo e ho rifatto la mia genealogia. Mi sono sentito profondamente male al punto di ammalarmi.
Poi sono uscito dal trance e sono tornato alla vita.
Oggi só chi sono: Brasiliano, con sguardo latino-americano, un pizzico di sangue greco, un pizzico Bruzio, più che un Calabrese, un uomo del Sud, un meridionale.
Delle mie origini restano teneri ricordi di volti, oggetti, luoghi e sentimenti dell’Italia e del Brasile. Tutti irrimediabilmente mescolati.
José Carlos Laitano
Scrittore, giudice in pensione, professore di laboratorio letterario
O ITALIANO QUE ESTÁ EM MIM
Sou da terceira geração.
Cresci gostando de spaghetti, canção italiana e vinho, e um mal compreendido interesse pela Serra Gaúcha, onde instalaram-se as colônias italianas dos imigrantes, região que visitava eventualmente.
Minha infância transcorreu em meio a calabreses sem o saber: meu pai faleceu quando eu estava com quatro anos e minha mãe, talvez para proteger-me da ausência paterna, quase nada falou dele, embora conservando os costumes como a bracciola, a macarronada com carne assada aos domingos, o “sangari”, mistura de água, vinho e açúcar para as crianças mas sem visitar os conazionali.
Quando atingi a casa dos quarenta anos conscientizei-me, assim por impulso, que meu avô fora emigrante calabrês, que eu podia ter nascido na Itália, que os dados culturais como música, gastronomia e a sonoridade da língua italiana eram-me inerentes.
Italiano nascido no Brasil – este País sem vocação para a História e preservação do passado (talvez por ser um passado português), saí em busca de minhas origens, interessei-me em aprender o mínimo de palavras e regras gramaticais, saber a geografia e a história italiana.
Obtive o reconhecimento da cidadania e o passaporte.
Viajei.
O primeiro lugar no qual senti-me italiano foi em Firenze, no bairro do albergo. Olhei para a casa do outro lado da rua, a cor e os frizos nas paredes, encostei a mão no cimento e, ao tocar aquela parede antiga, transportei-me ao passado do meu avô, à minha gene, às minhas origens.
Eu sou daqui, disse-me em pensamento.
No dia seguinte senti outra grande sensação ao ingressar no museu Academia e deparar-me, logo à entrada, com a escultura de David, Michelangelo ao alcance da mão!
O terceiro estremecimento foi caminhar pelas vielas medievais de Assisi, meus sonhos e fantasias realizados.
O quarto estupor aconteceu em Roma, numa sucessão de sobressaltos: Coliseo, Forum, Basilia di San Pietro. Mais tarde, Veneza!
Meu último tremor aconteceu em outra viagem, ao ingressar em Morano Calabro, percorrer a Vigna della Signora, a rua onde viveu meu avô até emigrar. Percorri as ruas da cidade, as igrejas, o castelo, como se nunca houvesse saído de lá. Onde permaneci duas semanas.
Duas vezes chorei o pranto que brotou do mais fundo da minha alma: ao receber a notícia da morte de mamãe e ao despedir-me de Morano Calabro. Choro silencioso, copiosas lágrimas.
Retornei dividido ao Brasil, despedaçado por sentir-me brasileiro e querer-me italiano.
A terceira viagem foi com terno e gravata, italiano em sua própria terra. Quarenta e cinco dias sozinho, percorrendo pessoas, livrarias, mercados, coisas comuns; andei em bicicleta, li diariamente os jornais, retornei diversas vezes aos mesmos lugares. Como em casa.
Numa cidade ao Norte, a pequena Fontaniva, fui recebido por uma família para quem havia feito adoção de duas crianças, e ali permaneci carregando lixo, passeando, cozinhando, visitando pessoas e até de uma pequena festa comunitári participei.
Nessas três viagens fui até o ponto mais escuro do meu ser, viajei no tempo e refiz minha genealogia. Senti-me profundamente mal, adoeci. Depois, saí do transe e voltei à vida.
Hoje sei quem sou: brasileiro, com olhar latino-americano; pitada de sangue grego,pitada de brúzio; mais que calabrês, um homem del Sud, un meridionale.
De minhas origens restaram ternas lembranças de rostos, objetos, paisagens e sentimentos. Da Itália e do Brasil. Tudo irremediavelmente misturado.
José Carlos Laitano
Escritor, juiz aposentado, professor de oficina literária.