L’eredità del passato
Il santuario di Hera Lacinia era uno dei luoghi più sacri dei Greci d’Italia. “Più nobile della stessa città, santo presso tutti i popoli” – tale lo definisce Tito Livio -, l’edificio, che custodiva immensi tesori, sorgeva sul promontorio Lacinio, dominando con la sua possente struttura una costa incantevole. Del grandioso tempio, esposto alla violenza dei venti e del mare, depredato dal tempo e dalle razzie non resta oggi che un’unica, severa colonna, stagliata sulla linea dell’orizzonte, a evocare lo splendore dell’antica Kroton: famosa per la celebre scuola medica e, ancor di più, per la scuola filosofica guidata da Pitagora, celebrata, inoltre, per la ricchezza delle terre, per la forza dei suoi atleti e la bellezza delle sue donne, Crotone racchiude in quella reliquia solitaria il senso di un destino che la accomuna a tutto il territorio della sua provincia.
Annibale prima, i Romani poi saccheggiarono il tempio; all’inizio del XVI secolo, infine, quanto rimaneva di esso fu utilizzato come cava di pietra per costruire il castello, il vecchio porto e alcuni edifici cittadini.
Una storia di spoliazione e di razzia, cui fanno eco le molte torri di avvistamento, disseminate lungo la costa, e i numerosi manieri, alcuni dei quali, ancora intatti, offrono suggestivi scorci di un passato ricco quanto travagliato: dall’imponente fortezza aragonese, situata sulla piccola isola di Le Castella, al poderoso castello di Santa Severina, dalle masserie fortificate sparse per il Marchesato agli insediamenti rupestri fino ai vecchi quartieri bizantini scavati nella roccia, dalle cinte medioevali ai borghi disabitati, è un continuum di devastazioni, crolli, abbandoni o rifacimenti, nei quali si dipana un’infinita teoria di sopraffazioni, che qui, come in molti altri luoghi della Calabria, è un tutt’uno col respiro stesso dei luoghi.