“La stragrande maggioranza di quanti non conoscono la Calabria e la osservano da lontano, leggendo ciò che passa attraverso la comunicazione, spesso si forma un pregiudizio negativo sulla nostra terra”.
Lo ha detto il presidente della Giunta regionale, Mario Oliverio, nel corso di un’intervista con Piero Muscari, nella serata conclusiva di Fege, Festival dell’editoria e del giornalismo emergente, che si è tenuta venerdì sera, presso il teatro “Rendano” di Cosenza nel corso della quale è stato consegnato il Premio Castrolibero – Memorial Oliviero Beha.
“C’è -ha aggiunto Oliverio- uno stereotipo negativo che per tantissimi anni ha comunicato la Calabria in modo alterato e distorto. Nel dire questo non vorrei apparire retorico o portatore di una “calabresità” che rimuove i problemi, che ci sono e sono tanti e alcuni dei quali sono gravissimi e vanno guardati in faccia e combattuti con coraggio. Voglio dire soltanto che per un lunghissimo periodo di tempo la nostra terra è stata segnata da una comunicazione alterata e negativa., spesso non corrispondente alla realtà. In tutto questo noi calabresi e noi meridionali abbiamo avuto grandi responsabilità. Spesso buona parte delle classi dirigenti del Sud ha accettato di essere “catturata” ed omologata in una logica assistenziale e subalterna. Per quanto ci riguarda, stiamo tentando di operare una linea di rottura rispetto al passato. In questi anni, infatti, ci siamo mossi su una linea di bonifica rispetto a questa logica, chiudendo buona parte dell’ “arcipelago” delle fondazioni, degli enti sub regionali che erano e sono “mulini dello spreco”, che hanno alimentato la logica assistenziale e clientelare che per tanti anni ha caratterizzato il Sud e la nostra terra. Lo abbiamo fatto per spingere verso una utilizzazione produttiva delle risorse statali e comunitarie. Questa deve essere la sfida del futuro. Guardare il Sud come ad una risorsa e non come ad un problema. Una sfida che, però, spesso non è sufficientemente sostenuta da chi critica il Mezzogiorno “sprecone e straccione” e dovrebbe sostenerla in ogni modo e con tutti i mezzi. Faccio un esempio su tutti per spiegarmi meglio. Quando tre anni fa sono arrivato alla guida della Regione ho trovato la nuova sede, la Cittadella regionale, finita da qualche anno e non utilizzata. Nell’arco dei primi sei mesi ho realizzato tutti i collegamenti stradali, i servizi elettrici e telefonici e ho spostato da 23 sedi sparse nella città di Catanzaro, 1600 dipendenti, chiudendo quelle 23 sedi che costavano all’ente sei milioni di euro all’anno. Dico questo perché proprio alcuni giorni fa una trasmissione televisiva nazionale ha raccontato una immagine opposta a quest. Tutto ciò a conferma che c’è uno stereotipo della Calabria negativa, di un Sud in cui tutto è negativo e che non fa cogliere le diversità e i punti di novità e di cambiamento rispetto al passato, tesi ad alimentare l’inversione di un processo consolidatosi in un lunghissimo periodo di tempo. E’ come se si dovesse continuare a buttare nella fossa dei leoni sempre nuova carne fresca. In questo senso colgo questa occasione per dire che anche la comunicazione deve riflettere e cambiare, aiutando e valorizzando, là dove esistono e si affermano, processi di cambiamento in atto. Per fortuna, qualcosa comincia a muoversi. Roma e l’Europa cominciano a guardare con occhi diversi al Mezzogiorno e alla Calabria. Questa è la strada giusta per riscattare la nostra terra”.
“A noi meridionali, a noi calabresi -ha concluso il presidente della Regione- spetta il compito più arduo, la fatica più grande: essere coerenti e crederci. Credere che anche qui, in Calabria e nel profondo Sud, è possibile affermare il cambiamento, abbandonando definitivamente vecchie pratiche assistenzialistiche e clientelari che hanno finora impedito alla nostra terra di crescere e decollare e di guardare al futuro, soprattutto da parte delle nuove generazioni, con maggiore fiducia e speranza”.