Una rete per la Calabria. Ecco il bilancio della seconda edizione di Sciabaca
Ha avuto inizio lungo i binari della Ferrovia della Calabria di Soveria Mannelli e si è concluso con «Train45», suonata dai “Not Only Bluegrass”, “Sciabaca“, il festival organizzato a Soveria Mannelli da Rubbettino Editore dal 22 al 24 settembre.
E proprio il viaggio è stato il leit motiv di questa edizione della kermesse culturale che è finita per diventare essa stessa viaggio: un lungo itinerario attraverso l’arte, la musica, la letteratura, il giornalismo.
Mostre, dibattiti, lezioni, concerti hanno trasformato la cittadina del Reventino in un laboratorio di idee, di visioni, di utopie possibili.
La Sciabaca è la rete dei pescatori meridionali e, proprio il concetto di rete, di relazione è quello che più fortemente è emerso da questa edizione del festival. A partire dalla seguitissima lectio magistralis del geografo Franco Farinelli che ha spiegato come nel mondo globalizzato il concetto di spazio, di distanza, sia oramai inservibile. La realtà è nidificata, interconnessa e il nostro modo di osservare ciò che ci circonda è viziato dagli schemi interpretativi (le mappe) che nei secoli sono stati costruiti per rendere ragione della complessità del mondo.
La Calabria e il Mediterraneo dunque intesi come reti che mettono in relazione mondi apparentemente lontani che tuttavia diventano vicini grazie ai viaggi, ai viaggiatori e soprattutto a quegli straordinari vascelli di idee che sono i libri.
Chi viaggia o ha viaggiato lungo le rotte del Mediterraneo talvolta lo ha fatto per scelta altre per necessità ma in ogni caso ogni passaggio ha lasciato impronte talvolta appena distinguibili talvolta profonde. Come le minoranze linguistiche per esempio che in Calabria sono ancora vive e attive e di cui si è parlato in un interessante incontro con Francesco Altimari, Tito Squillaci e Hans Peter Kunert o come la cucina di cui ha parlato con passione e ironia Ottavio Cavalcanti, conducendo gli spettatori dalle tavole della Turchia a quelle della Grecia e perfino dell’Est Europa in un continuo incontro e scontro di saperi e sapori.
Una Calabria inquieta, in eterno movimento come quella descritta da Vito Teti, in cui le partenze e i ritorni disegnano e ridisegnano luoghi e relazioni. Una Calabria che si muove anche quando sta ferma e che lo fa talvolta con la forza delle idee e dei libri come ha ricordato Annarosa Macrì, tagliando il nastro del festival, o la storica del libro Antonella De Vinci, evocando il viaggio dei libri all’epoca di Campanella.
Una Calabria dell’arte che, nonostante tutto, ha ancora sete di bellezza, come quella visionaria e grandiosa di Nik Spatari e del suo progetto MuSaBa, condiviso insieme alla compagna Hiske Maas, cui il Festival Sciabaca ha dedicato una mostra durante la quale sono stati esposti anche alcuni bozzetti di opere future dell’artista. O quella in dialogo con la grande cultura europea di secoli a torto considerati oscuri come quelli del dominio spagnolo, illustrati da una appassionante conferenza dello storico dell’arte Gianfrancesco Solferino. Una Calabria terra di pellegrini e di cammini sin dal Medioevo, come quella raccontata da Tonino Ceravolo, e che dovrebbe riscoprire il piacere della lentezza, quella lentezza che Roberto Giannì, esperto di mobilità alternativa, ha proposto di fare propria alla Regione Calabria rappresentata dal vicepresidente Antonio Viscomi in un incontro moderato da Filippo Veltri durante il quale si è discusso della possibilità di trasformare la vecchia Statale 19 in una infrastruttura monumentale.
Una lentezza evocata persino dalle splendide immagini delle due videoinstallazioni che hanno affiancato la mostra su Nik Spatari allestita nei locali delle ex industrie Rubbettino: una con le superbe fotografie di Bruno Tripodi dedicate al binomio tutto serrese tra carbonai e monaci certosini, e l’altra alle storiche ferrovie della Calabria con immagini d’epoca raccolte da Raffaele Sirianni (su licenza de La Dea Editori). Una lentezza che fa apprezzare quello che ci circonda, che ci fa riscoprire la natura e che riveste di armonia il rapporto dell’uomo con il paesaggio diventando dunque terapia contro la schizofrenia moderna, come ha avuto modo di spiegare Francesco Bevilacqua durante la sua lezione itinerante tra i boschi del Reventino.
Grande spazio infine alla musica e allo spettacolo. Sul palcoscenico di Sciabaca si sono alternati Cataldo Perri e lo Squintetto con il reading spettacolo “Malura”, i Koralira con “Joke”, l’associazione “Felici&Conflenti” con la musica tradizionale del Reventino, il gruppo Made in Soveria dei “Notte Battente” e i Not Only Bluegrass con le loro frizzanti melodie irlandesi e scozzesi
Non è mancata infine l’attenzione alla buona tavola con il pranzo a tema offerto dall’Agriturismo “La Rosa nel Bicchiere” e il divertimento del sabato sera con il Dj Set del live pub “Tirabusciò”.
I tre giorni di Sciabaca hanno messo potentemente in evidenza come vi sia una Calabria diversa che deve essere narrata, oltre i cliché, come hanno ricordato i due giornalisti Rai Mimmo Nunnari e Mariavittoria Morano, una Calabria dove sono molti i giovani che hanno smesso di sognare il posto fisso, come alcuni vorrebbero far credere, e che mettono al posto competenze e conoscenze per riuscire a realizzare qui e ora il sogno di restare come ha ben evidenziato il reporter Lorenzo Scaraggi. La sfida è tuttavia raccontare queste good stories, come fa ogni giorno CalabriaCult, progetto di storytelling, ideato da Donata Marrazzo e presentato allo storico Lanificio Leo, e farle conoscere.
Ma “Sciabaca” è stato soprattutto una grande festa, che ha messo insieme centinaia di persone giunte a Soveria Mannelli da tutta la Calabria, intellettuali, artisti, associazioni che operano sul territorio, enti, scuole, istituzioni ma soprattutto tanti giovani che hanno offerto, da volontari, il loro supporto e il loro travolgente entusiasmo per la riuscita dell’iniziativa.
Il Festival è terminato, ma la rete che ne è nata è pronta ad essere calata nel blu del Mare Nostrum con le sue idee, i suoi progetti, le sue visioni.